chiuditi dentro(,)questa notte.

domenica 31 gennaio 2010

Non credo nelle coincidenze.

"Dear Leonard.

To look life in the face, always, to look life in the face and to know it for what it is. At last to know it, to love it for what it is, and then, to put it away. Leonard, always the years between us, always the years. Always the love. Always the hours."


Il mio gatto sembra un poeta, forse avrei dovuto chiamarlo Arturo. Come Arthur R.
Sta seduto sulla scrivania, accanto a me, e sta lì immobile ad osservare il sole scendere sempre più giù, verso la terra, lo osserva eclissarsi. Ogni tanto mi fa un saluto, fa tremare la lingua come i piccioni, poi si siede sulle mie ginocchia e col musetto mi tocca il mento, ad occhi chiusi.
Mentre io osservo il sole eclissarsi.

Ma la negazione, che è sacrificio di sé, non giunge al suicidio. Chi si uccide, infatti, non nega in sé la volontà di vivere, ma afferma solo, con il suo atto, la sua insoddisfazione per le condizioni in cui è stato costretto a vivere. E' la volontà, inoltre, a beffarsi di colui che si suicida, presenziando a quella decisione estrema, a quell'atto violento con cui ci si toglie la vita, ma che è, pur sempre, un atto di volontà.

giovedì 28 gennaio 2010

studi sulla tesina.


La seconda categoria è composta di individui che trasgrediscono la legge, di sovvertitori, o di individui inclini a diventar tali, a giudicare dalle loro attitudini. I delitti di questi uomini, s'intende, sono relativi e molto differenti; quasi tutti chiedono, in forme assai diverse, la distruzione del presente in nome d'un avvenire migliore. Ma se bisogna che uno di essi, per attuare la propria idea, passi, magari, oltre un cadavere, oltre il sangue, egli può, a parer mio, nell'animo suo, in coscienza, dare a se stesso l'autorizzazione di passare oltre il sangue - a seconda però dell'idea e della sua misura- notate queste parole.



 
Uccidiamo Teresa.
Nessun movente.
Solo l'estetica del delitto.


in foto: Raskòlnikov diviso in due da Petròvic.

giovedì 21 gennaio 2010

Ogni tradimento è assoluto, fa male e sembra non aver ritorno.


Non avrei mai dovuto vedere Casablanca.
Non ci voleva proprio, in quell'aula blu, di un giovedì, ma non di un giovedì qualunque, di un 21!
evvai con le citazioni:

"mi riprometto di non parlare più con nessuno, di non concedermi più con nessuno, né in amicizia né in amore né in una storia, di restare solo come lo sono ora e spaccare il culo al mondo."

(ho omesso le virgole davanti ai "né" perché ho sempre saputo che non ci vogliono.)


martedì 5 gennaio 2010

se ognuno ha una relazione con se stesso, deve avere anche una relazione con gli altri.

"Siamo essere strani" disse Eduard sorridendo. "Non appena possiamo allontanare da noi un qualcosa che ci dà pena, crediamo già di averlo risolto. Nell'insieme possiamo sacrificare molte cose, ma il concederci nella singola circostanza è un'esigenza per la quale raramente siamo maturi abbastanza. Così era mia madre. Per tutto il tempo in cui io, da bambino o da ragazzo, vissi presso di lei, non riuscì mai a sottrarsi alle preoccupazioni del momento. Se mi attardavo facendo una cavalcata doveva essermi successa una disgrazia; se un acquazzone mi bagnava tutto, di certo avrei avuto la febbre. Presi a viaggiare, mi allontanai da lei e fu quasi come se non le appartenessi più."

E' il momento che preferisco di più di tutta la giornata: quello in cui apro il blog, ascolto la musica e ammiro l'insieme.

Ho fatto uno strano sogno: ero morta.
AHAHAH, che ridere, sembra finito qui, no? se dico: morte si suppone sia finita.
e invece no!
eravamo tanti morti, in una stanza, tanti spiriti (ma non era angosciante, tutt'altro! aspettavamo che morissero tutti per poter parlare un pò con tutti, e facevamo scommesse su chi sarebbe morto prima); man mano morivano tutti e ci raggiungevano, ed eravamo tutti della stessa età, tutti conoscenti: c'erano compagni di scuola delle medie, delle elementari, amici d'infanzia, tutti. e finivamo per raccontarci la nostra vita, uno per uno, come il nostro percorso storico ci aveva portati a quella situazione. All'inizio non sapevamo nemmeno di essere morti, cercavamo di parlare coi nostri genitori, prendevamo il cellulare, in molti modi tentavamo una qualche connessione con l'altro mondo, senza sapere fosse un altro mondo, e quando ne veniamo a conoscenza, non ci disperiamo, tutt'altro! Aspettiamo con speranza la morte di tutti.
sto dicendo sempre la stessa cosa, ma questo succede, e poi c'è il mio gatto, il mio gatto che si butta dal balcone con la testa all'indietro ma si ritrova con tutt'eqquattrolezampeatterra. e faccio una corsa giù per le scale per andarlo a prendere, "ché se nò fugge!", ma mi ferma la mia vicina (una morta sul serio) e comincia a farmi mille e mille domande. e tento di svincolarmi, ma tanto rispetto per i morti! come si fa a non risponderle? poi trovo Jim l'americano che anche lui è morto, e comincia a parlarmi col suo accento strano. "Anche ttu ti ctrovi in ku-esta situazione strange?!" e come esultavamo quando qualcuno rispondeva al nostro richiamo!
significava che era morto.

L' autocoscienza si presenta come appetito sensibile, si manifesta come desiderio di un oggetto di cui ci si vuole avvalere come strumento per soddisfare un bisogno. Ma questo movimento porta inevitabilmente il soggetto ad incontrarsi e a misurarsi con altri soggetti, altre autocoscienze, che hanno la medesima tendenza verso l'oggetto e quindi resistono, gli si contrappongono. Qui si trova un passaggio fondamentale: l'autocoscienza, la coscienza di sé, è anche coscienza dell'altro; e l'unità del sé e dell'altro passa originariamente attraverso un rapporto di opposizione.
La ragione della contesa è il riconoscimento: "la coscienza di sé non è sicura di sé se non è posta da un altro da sé."

Buon appetito, amore mio.


so che non lo è, ma per me sì: ironico.

domenica 3 gennaio 2010

in a sentimental mood.

del tipo che ho finito tutta la scatola di cioccolaTtini.
non c'ho voglia di scrivere
me, in un qualsiasi frattempo.