chiuditi dentro(,)questa notte.

martedì 5 gennaio 2010

se ognuno ha una relazione con se stesso, deve avere anche una relazione con gli altri.

"Siamo essere strani" disse Eduard sorridendo. "Non appena possiamo allontanare da noi un qualcosa che ci dà pena, crediamo già di averlo risolto. Nell'insieme possiamo sacrificare molte cose, ma il concederci nella singola circostanza è un'esigenza per la quale raramente siamo maturi abbastanza. Così era mia madre. Per tutto il tempo in cui io, da bambino o da ragazzo, vissi presso di lei, non riuscì mai a sottrarsi alle preoccupazioni del momento. Se mi attardavo facendo una cavalcata doveva essermi successa una disgrazia; se un acquazzone mi bagnava tutto, di certo avrei avuto la febbre. Presi a viaggiare, mi allontanai da lei e fu quasi come se non le appartenessi più."

E' il momento che preferisco di più di tutta la giornata: quello in cui apro il blog, ascolto la musica e ammiro l'insieme.

Ho fatto uno strano sogno: ero morta.
AHAHAH, che ridere, sembra finito qui, no? se dico: morte si suppone sia finita.
e invece no!
eravamo tanti morti, in una stanza, tanti spiriti (ma non era angosciante, tutt'altro! aspettavamo che morissero tutti per poter parlare un pò con tutti, e facevamo scommesse su chi sarebbe morto prima); man mano morivano tutti e ci raggiungevano, ed eravamo tutti della stessa età, tutti conoscenti: c'erano compagni di scuola delle medie, delle elementari, amici d'infanzia, tutti. e finivamo per raccontarci la nostra vita, uno per uno, come il nostro percorso storico ci aveva portati a quella situazione. All'inizio non sapevamo nemmeno di essere morti, cercavamo di parlare coi nostri genitori, prendevamo il cellulare, in molti modi tentavamo una qualche connessione con l'altro mondo, senza sapere fosse un altro mondo, e quando ne veniamo a conoscenza, non ci disperiamo, tutt'altro! Aspettiamo con speranza la morte di tutti.
sto dicendo sempre la stessa cosa, ma questo succede, e poi c'è il mio gatto, il mio gatto che si butta dal balcone con la testa all'indietro ma si ritrova con tutt'eqquattrolezampeatterra. e faccio una corsa giù per le scale per andarlo a prendere, "ché se nò fugge!", ma mi ferma la mia vicina (una morta sul serio) e comincia a farmi mille e mille domande. e tento di svincolarmi, ma tanto rispetto per i morti! come si fa a non risponderle? poi trovo Jim l'americano che anche lui è morto, e comincia a parlarmi col suo accento strano. "Anche ttu ti ctrovi in ku-esta situazione strange?!" e come esultavamo quando qualcuno rispondeva al nostro richiamo!
significava che era morto.

L' autocoscienza si presenta come appetito sensibile, si manifesta come desiderio di un oggetto di cui ci si vuole avvalere come strumento per soddisfare un bisogno. Ma questo movimento porta inevitabilmente il soggetto ad incontrarsi e a misurarsi con altri soggetti, altre autocoscienze, che hanno la medesima tendenza verso l'oggetto e quindi resistono, gli si contrappongono. Qui si trova un passaggio fondamentale: l'autocoscienza, la coscienza di sé, è anche coscienza dell'altro; e l'unità del sé e dell'altro passa originariamente attraverso un rapporto di opposizione.
La ragione della contesa è il riconoscimento: "la coscienza di sé non è sicura di sé se non è posta da un altro da sé."

Buon appetito, amore mio.


so che non lo è, ma per me sì: ironico.

Nessun commento:

Posta un commento